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Perché è importante
metterci la faccia?

Siamo nell’era ipermoderna e ci piacciono gli eccessi.
Dall’ipertrasparenza dei reality all’ipersorveglianza di fronte al terrorismo, dalle ipermegalopoli agli iperspettacoli.

Nell’era ipermoderna, noi siamo un pubblico visivamente acculturato, dato che il nostro mondo negli ultimi decenni si è fatto e si sta facendo sempre più con le immagini. D’altronde, le immagini persuadono più di ogni altro testo: sono immediate, si capiscono più in fretta, sono potenzialmente in grado di varcare confini linguistici e culturali, si prestano a essere manipolate per poi essere riutilizzate. Le immagini persuadono perché trasmettono emozioni, e così facendo influenzano idee, modi di vivere e concepire il mondo.

Numerosi studi concordano su questi punti in cui possiamo riconoscere il nostro tempo e i suoi protagonisti. E grazie a questi studi sappiamo come funzionano le immagini, quali sono i codici efficaci per chi produce messaggi allo scopo di convincere il proprio pubblico.

E il pubblico? Sul pubblico sappiamo invece poco perché le ricerche si sono concentrate finora su messaggio ed emittente, lasciando in ombra il ruolo del destinatario, cioè di chi riceve i messaggi.

È questa una riflessione che riprendo da un articolo interessante di Ganga Sasidharan Dhanesh (uscito sull’ultimo numero di Sinergie – Italian Journal of Management.
Dhanesh ipotizza una definizione del pubblico ipermoderno che può essere utile per chi si occupa di comunicazione.

Un selfie con l’aurora boreale sullo sfondo, pubblicato sui social – immagine proposta da Dhanesh come sintesi per la sua definizione di pubblico ipermoderno.

Il pubblico ipermoderno, com’è?

1. Predilige un consumo esperienziale ed emotivo.

Si preferisce il consumo di esperienze piuttosto che di oggetti (come la crescente economia della condivisione confermerebbe). L’esperienza, non la proprietà, sarebbe dunque l’aspirazione massima del consumatore. Una nuova relazione con i beni materiali, più liquida e distaccata, l’interesse crescente per l’economia dell’esperienza, sono strettamente correlati alla necessità degli individui ipermoderni di costruire attivamente il proprio senso di identità.
2. Ha bisogno di costruire identità straordinarie

Alla fragilità, se non al crollo, dei grandi sistemi di pensiero consegue per l’individuo ipermoderno l’impossibilità di sentirsi cristiano, musulmano, europeo, italiano… Il mondo ipermoderno è privo di grandi identità fisse, con norme o pratiche stabili e prevedibili. Gli individui si trovano dunque ad affrontare nuove esigenze di significato, sicurezza e appartenenza. Da soli, hanno bisogno di creare la propria identità, costruendola attivamente.
3. È ossessionato da ciò che è spettacolare

Gli individui ipermoderni sono attratti dalle rappresentazioni grandiose e fantastiche della realtà. Di fronte a una moltitudine di opzioni, di scenari e fantasie instabili, l’individuo ipermoderno può essere attratto solo da rappresentazioni spettacolari. Il consumo esperienziale alimenta le narrazioni dell’identità che vengono rese vivide da immagini spettacolari, condivise e ricondivise sui social senza confini.

Come possono essere utili queste intuizioni per chi si occupa di comunicazione?

Per coinvolgere il proprio pubblico chiave, l’urgenza sembrerebbe quella di elaborare immagini spettacolari. In realtà, insistendo sulla motivazione del pubblico ipermoderno, Danesh indica come centrale l’esigenza di creare la propria identità. Realizzare immagini spettacolari non sarebbe dunque sufficiente per l’impresa che vuole comunicare con il pubblico ipermoderno. Occorre innanzitutto rispondere alla domanda: chi siamo? Cosa rappresentiamo? L’identità dell’organizzazione dovrebbe così risultare dall’insieme di caratteristiche centrali, distintive e durature.
Come dovrebbero essere comunicate queste caratteristiche? Umanizzandole, rendendole messaggio di singoli retori (dal CEO, ai quadri, all’influencer). L’organizzazione dovrebbe dunque identificarsi nelle voci di chi la compone, una complessità di voci, coerenti con le caratteristiche centrali. Ecco perché, oggi più che mai, è importante metterci la faccia: i valori dell’impresa possono diventare, in modo più diretto, immediato e coinvolgente, un motivo di identificazione per il pubblico. Resta assodato che, prima di comunicare questi valori, occorre averli o, perlomeno, provare a cercarli.



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